C’era un tempo in cui il π non valeva il valore che gli associamo oggi, bensì 80.

Abbiamo raccontato questa storia nascosta dietro il valore di π al Festival di Genova della scorsa edizione durante il nostro laboratorio Anno Zero e ve la riproponiamo in concomitanza del Pi Greco Day, il 14 marzo.

In verità non c’è nessun complotto, visto che π valeva 80 anche per Euclide, che utilizza la numerazione ionica per numerare le sue proposizioni negli Elementi.

La numerazione ionica è una delle numerazioni greche, la più simile a quella romana, utilizzata nel periodo ellenistico, ovvero in età alessandrina. In quella numerazione ogni lettera dell’alfabeto (e in verità, anche 3 in più, recuperate dall’alfabeto arcaico) aveva un preciso significato matematico, e tra queste anche π.


Niente di nuovo sul fronte matematico: l’ennesima convenzione utilizzata da matematici e scienziati per capirsi meglio senza dover ogni volta ricorrere a perifrasi, costruendo un linguaggio comune più semplice.


Anche perchè non vale la pena di mettersi a elencare tutte le cifre per chiamare per nome il π: 3,1415926535…

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