Degno di meraviglia è il numero Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Le sue cifre seguenti sono ancora tutte iniziali,

cinque nove due, perché non ha mai fine.
Non si fa abbracciare sei cinque tre cinque con lo sguardo,

otto nove con il calcolo,

sette nove con l’immaginazione,
e neppure tre due tre otto per scherzo, o per paragone

quattro sei con qualsiasi cosa

due sei quattro tre al mondo.
Il più lungo serpente terrestre dopo una dozzina di metri s’interrompe.
Così pure, anche se un po’ più tardi, fanno i serpenti delle favole.
La fila delle cifre che compongono il numero Pi
non si ferma al margine del foglio,
riesce a proseguire sul tavolo, nell’aria,
su per il muro, il ramo, il nido, le nuvole, diritto nel cielo,
per tutto il cielo atmosferico e stratosferico.
Oh come è corta, quasi quanto quella di un topo, la coda della cometa!
Quanto è debole il raggio di una stella, che s’incurva nello spazio!
Ed ecco invece due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
numero di abitanti sessanta cinque centesimi
giro dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola vola e canta, mio usignolo
e si prega di mantenere la calma,
e così il cielo e la terra passeranno,
ma il Pi greco no, quello no,
lui sempre col suo bravo ancora cinque,
un non qualsiasi otto,
un non ultimo sette,
stimolando, oh sì, stimolando la pigra eternità
a durare.

Wisława Szymborska (1923 – 2012), poetessa polacca, vincitrice del premio Nobel per la letteratura nel 1996

La poesia è tratta dalla raccolta Grandi numeri (Wielka Liczba) del 1976.

Traduzione di Alessandra Czeczott

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