Oggi vogliamo parlarvi di Michele Scoto, figura poco nota, rappresentante di quella mistica categoria di chi si è dedicato sia alla scienza, sia all’esoterismo.


Matematico e Astrologo di corte di Federico II di Svevia, Michele Scoto fu il più importante averroista medievale. Nell’epoca in cui gli studiosi europei erano impegnati nel recupero delle opere aristoteliche attraverso la copia e la traduzione dal latino, fu fondamentale anche ampliare gli orizzonti culturali attraverso lo studio delle interpretazioni introdotte dai filosofi del mondo arabo, ambiente che scientificamente fu sempre prolifero.
Scoto si occupò di tradurre i commenti di Averroè, che, insieme ad Avicenna, fu il più importante filosofo musulmano medievale.


Il nostro Michele incontrò molti eminenti scienziati suoi contemporanei nei salotti federichiani, e con loro discusse i temi scientifici più scottanti. I suoi contributi vanno dagli studi ottici sugli arcobaleni multipli a quella che sembra una collaborazione con Fibonacci nella presentazione della sua famosa serie. Non per niente, a lui venne dedicata la seconda versione del Liber Abaci, nel 1228.


Ma non dimentichiamo la particolarità di Scoto: lui fu anche astrologo e alchimista. Viene ricordato da Dante Alighieri non per la sua scienza, ma per la sua magia. Strano eh?


In realtà no: a cavallo tra il 1100 e il 1200, la definizione di scienza non era ancora quella che conosciamo oggi. Si parlava di matematica e filosofia, non di fisica, e lo studio degli astri spaziava ancora tra la geometria celeste e le previsioni per gli oroscopi, senza che una delle discipline venisse considerata meno credibile. Questo, in effetti, non accadde che con l’illuminismo.

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