Cos’hanno di speciale i numeri romani per essere utilizzati ancora oggi in molti casi? Una numerazione che resiste ancora, dopo duemila anni dalla sua strutturazione, deve sicuramente avere dei grandi vantaggi.


E infatti ne ha: la numerazione romana segue, anche se un po’ a suo modo, le regole di conto in base 10. Alcuni dei simboli più noti infatti, come X, C, M, indicano 10, 100, 1000, ovvero le potenze del 10. Intuiamo fin da subito che con l’uso della numerazione romana c’era già consapevolezza dell’importanza dei multipli del 10, che venivano indicati con la prima lettera della parola “centum” (cento) e “mille” (mille). La storia del numero X è molto più interessante di così e la tratteremo in un altro post. Altri numeri importanti sono la I, che indica il valore 1, la V, che indica il valore 5 e la L, che indica 50.


Questa numerazione segue le regole addizionali e sottrazionali: per scrivere il numero 6 infatti viene utilizzata la notazione VI, ovvero 5+1. Al contrario, anteponendo il numero 1 al numero 5, quindi IV, avremmo non 1+5 ma 5-1. Allo stesso modo, IX vale 9 e XI vale 11, IIC vale 98 e CII vale 102.Il problema di questa notazione non sorge fino a quando non dobbiamo fare calcoli, ma se volessimo sapere quanti anni ha una persona nata nel 1987 oggi, come possiamo fare?


Per scrivere 1987 basta dirlo a voce: mille-novecento-ottanta-sette. Quindi M di mille, CM di novecento, LXXX di ottanta, VII di sette. Allo stesso modo 2021: duemila-venti-uno. Quindi MM di duemila, XX di venti, I di uno.


Ma come si fa MMXXI – MCMLXXXVII?

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